

Sono giorni un po’ strani.
Davanti a me il mio fedele taccuino e le sue pagine bianche che aspettano di sporcarsi di inchiostro. Eppure quell’inchiostro non arriva, non riesce a dar voce alle parole che solitamente fluiscono dando spazio a pensieri, a quegli appunti sparsi che quotidianamente affollano la mia scrivania per dare concretezza a tutto ciò che di solito viene taciuto o semplicemente celato per far sì che alcuni eventi o alcuni spaccati di vita del nostro Paese cadano nel dimenticatoio dei pensieri. Eppure quegli eventi, quegli spaccati di vita, aspettano da tempo immemore che venga fatta luce. Una luce che non arriva o che si porta dietro innumerevoli ombre al fine di oscurare responsabilità, connivenze, collusioni. Ed è come entrare all’interno di un gioco macabro in cui le vittime continuano ad essere massacrate perché viene calpestata la loro memoria e i principi per cui sono morti. Principi che dovrebbero essere a fondamento di ogni Paese sano e che dovrebbero essere perseguiti sempre. Eppure…
Eppure la storia del nostro Paese ci insegna che sovente i principi, i diritti, i doveri, sono stati messi da parte per garantire l’impunità a esponenti delle istituzioni che hanno letteralmente tradito il loro mandato. Un mandato che, anche moralmente, li obbligava a non scendere a patti con la parte malsana della nostra società. una società che viene minata alle fondamenta e che il nostro Stato deve tutelare. Eppure…
Eppure questa tutela non c’è stata, anzi, c’è stata una reciprocità di intenti volti a salvaguardare il marcio. Un marcio che il nostro Stato non può più nascondere perché il vaso di Pandora è stato scoperchiato e ha fatto emergere le connivenze, le collusioni tra Stato e mafia.
La mafia, ricordiamolo, pur di ottenere benefici e concessioni che le garantissero la sopravvivenza ha messo in atto l’ormai conosciuta “strategia stragista” che, negli anni ’90 del secolo scorso, è costata la vita a giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le rispettive scorte. Ed è proprio questa forma di strategia che portò, dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, ad una trattativa, ad un “dialogo”, tra Stato e mafia. Una trattativa che, diciamolo pure, ha messo in risalto il rapporto stretto tra Cosa Nostra e una fetta delle nostre istituzioni. Istituzioni che, seppure in maniera silente e celata, hanno lavorato al fine di non interrompere quel dialogo e di poter conservare i privilegi ottenuti grazie a questo malsano connubio.
Per quanto si sia cercato di non far emergere quei fatidici scheletri negli armadi è cosa ormai appurata (ce lo dice una sentenza) che la trattativa Stato-mafia c’è stata e che le mani di una fetta delle nostre istituzioni grondano sangue. Un sangue che non appartiene soltanto alle vittime riconosciute ma alla società tutta.
Credits © Catena Cancilleri
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