

Difficile il nostro vivere, come difficile è rimanere ancorati a noi stessi quando la società ci impone di mettere da parte le nostre priorità vere per dare precedenza a quel caos quotidiano che ci disorienta e ci rende più facilmente manipolabili. Bisognerebbe ridarsi tempo perché fragili sono divenuti i nostri equilibri e fragile è divenuta la nostra personalità precaria che dà più spazio alle cose piuttosto che alle persone, ai contatti umani, alle relazioni interpersonali che perdono sempre più consistenza pur di raggiungere obiettivi futili che nulla hanno a che vedere con la vera essenza del nostro vivere. Il nostro esistere dovrebbe riappropriarsi di se stesso, della propria dimensione, della propria linfa vitale e abbandonare quelle vesti che impropriamente ci sono state appiccicate addosso come una seconda pelle. Solo se acquisiamo la consapevolezza che questa seconda pelle va ripulita saremo in grado di ridare valore alle priorità vere, quelle umane, quelle che ci regalano emozione, quelle che mettono al primo posto non le cose ma le persone e ridare loro il tempo che meritano. Il tempo, quello vero, non va speso alla ricerca forsennata di un benessere esteriore, superficiale, apparente, ma va vissuto con coscienza, con cognizione.
È al prossimo, alle persone, che dobbiamo necessariamente tendere se vogliamo utilizzare un metro di giudizio che proviene dal cuore e dai nostri bisogni emotivi. Questi ultimi nulla hanno a che vedere con gli oggetti materiali che momentaneamente appagano i nostri desideri. Le aspirazioni, i sogni, sono fondamentali per la nostra crescita personale ma non devono mai sostituire uno dei nostri bisogni primari, ossia quello di essere Uomini in mezzo agli altri Uomini. Essere Uomini in mezzo agli altri Uomini non significa soddisfare il nostro bisogno di socialità, ma esprime il nostro innato bisogno di creare legami affettivi solidi, stabili, forti.
E allora riappropriamoci dei nostri legami affettivi, dei nostri bisogni affettivi, e non facciamoci travolgere da quel senso di precarietà che non ci rende più padroni del nostro tempo. Un tempo che, ne sono consapevole, non è facile organizzare per priorità perché ci vuole una buona dose di coraggio e una capacità di gestione notevole tra i bisogni emotivi e quelli vitali, ma proviamoci.
Proviamo a chiarire i valori che ci caratterizzano e proviamo a ricordare cosa è importante e cosa rimandare, e se c’è qualcosa da lasciare andare.
Lasciamo andare le cose ma non le persone. Dedichiamo tempo alle persone e, soprattutto, dedichiamo a loro e a noi stessi quella cura e quell’attenzione necessaria per far germogliare i semi di quel meraviglioso giardino interiore in cui i rapporti umani sono al primo posto perché sono sinonimo di ricchezza. Impariamo a vivere il tempo come risorsa per dare consistenza al nostro esistere e non viviamolo come semplice scansione che contrassegna il fluire degli eventi che ci attraversano. Se vogliamo che gli eventi acquisiscano significato non lasciamo correre il nostro tempo, ma diamogli consistenza, solidità, spessore. Uno spessore che guadagna profondità solo se saremo capaci di innaffiare con costanza i semi di quel giardino interiore che faranno crescere e fiorire i rapporti umani.
Credits © Catena Cancilleri
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