

Innumerevoli i fogli sparsi, i ritagli di giornale, gli appunti, che quotidianamente trovano spazio nel mio minuscolo “angolo di lavoro” che mi sono creata in una casa altrettanto minuscola e ormai incapace di contenere la miriade di libri che quotidianamente accompagnano i miei studi, le mie riflessioni, il mio perenne documentarmi sul fenomeno mafioso. Un fenomeno che faccio sempre più fatica a riconoscere perché è in perenne evoluzione. E più leggo e mi documento e più emerge la sua spiccata capacità di adattamento alla “contemporaneità”, la sua capacità di muoversi con disinvoltura nelle logiche del mercato, tanto da dominarle «imponendo il loro monopolio, con violenza più o meno esplicita a danno di altri imprenditori che, nella maggior parte dei casi, o vengono soppiantati e quindi esclusi dagli affari, o rimangono soggiogati al clan, che li utilizza come titolari di facciata nel coacervo di rapporti economici e finanziari intessuto a maglie larghe» (Nicola Gratteri/Antonio Nicaso, Ossigeno illegale, Mondadori, 2020).
C’è di tutto nel cono d’ombra delle mafie e, probabilmente, è proprio questo “tutto” che mi incute una paura non indifferente. Una paura che ha origine nel fatto che poco visibili e decisamente silenziosi sono i circuiti in cui si sono addentrate le mafie. Circuiti che servono a limitare il più possibile l’uso della violenza, a garantire quel basso profilo necessario per infiltrarsi nelle varie pieghe dell’economia legale ma soprattutto della politica, che nei diversi territori gestisce innumerevoli risorse pubbliche, soprattutto appalti. Appalti che, è quasi inutile ribadirlo e sottolinearlo, donano alle mafie la possibilità di investire i loro denaro sporchi nell’economia legale.
Benché io faccia molta fatica ad ammetterlo, attualmente, è la corruzione il mezzo con cui le mafie stanno accrescendo il loro campo d’azione e la loro sfera d’influenza, mettendo radici lontano dal loro territorio d’origine. Un territorio che, proprio per le sue peculiarità, non offre loro l’opportunità di reinvestire il loro enorme capitale che deriva dai traffici illeciti. Le mafie, è sempre bene ricordarlo, si spostano ovunque ci sia possibilità di guadagno. Non è un caso che, come scriveva un mio illustre conterraneo, “la linea della palma si sposta sempre più a Nord” (Leonardo Sciascia).
Credits © Catena Cancilleri
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