Dalla consapevolezza all’azione
Qualche riflessione sul rapporto tra protesta e proposta indirizzata ai movimenti che lottano contro il cambiamento climatico
Quando è moda è moda, cantava nel 1978 Giorgio Gaber. In quel brano, dal forte contenuto polemico, il cantautore milanese prendeva le distanze da movimenti coevi che si rifacevano al Sessantotto, ma ai suoi occhi ne rappresentavano, ormai, una degenerazione. Il mondo era profondamente cambiato, l’onda della protesta era defluita e il movimento giovanile risultava incapace di esercitare una funzione di autentica critica sociale e politica, essendosi ridotto ad un anticonformismo estetizzante e superficiale, privo di slancio e di contenuti, in fondo profondamente conformista e persino per certi aspetti reazionario. Un atteggiamento, affermava polemicamente Gaber, che non fa più male a nessuno.
Oggi, a distanza di più di quarant’anni da quella canzone, gli studenti sono ancora in piazza a migliaia a lottare per un mondo più giusto. Come quelli di allora, i giovani di oggi contestano lo stile di vita e le modalità di esercizio del potere delle generazioni più anziane, le quali detengono il comando a tutti i livelli, non lasciano spazio decisionale ai giovani e mostrano scarsa sensibilità per le problematiche che più incideranno sul futuro dei ragazzi di oggi, in primis il cambiamento climatico. Viene allora naturale chiedersi fin dove sia possibile spingere l’analogia tra le proteste di oggi e quelle di ieri e se la lezione della Storia, o quella di Gaber, abbiano qualcosa da insegnarci per comprendere il presente.
Le analogie storiche esercitano sempre un grande fascino perché ci offrono categorie già collaudate e conosciute con cui interpretare il presente: ci regalano l’illusione di poterlo padroneggiare, alleviando il nostro senso di insicurezza di fronte all’incognita rappresentata dal futuro. Noi vogliamo guardarci bene dal cadere in questa tentazione: non occorre essere sociologi o politologi per comprendere che la realtà sociale e politica dell’Italia di oggi è totalmente differente da quella degli anni Settanta. Con essa, sono profondamente cambiati gli italiani e di conseguenza anche i giovani. Non crediamo di sbagliarci di molto nell’affermare che le analogie tra i due movimenti si fermano a quegli obiettivi generici e a quei generalissimi riferimenti valoriali indicati nel precedente paragrafo.
C’è però un elemento di differenza, che per quanto scontato merita di essere sottolineato: mentre le proteste del Sessantotto avevano un fondamento ideologico, le proteste di oggi hanno un fondamento scientifico. La bibbia di riferimento degli studenti sul finire degli anni Sessanta era L’uomo a una dimensione di Marcuse; il testo di riferimento degli studenti di oggi (a volte inconsapevolmente) è il sesto rapporto dell’IPCC (International Panel on Climate Change), che raccoglie lo stato dell’arte della migliore scienza sul riscaldamento globale. Ciò non toglie nulla al valore delle battaglie degli studenti del passato: viste retrospettivamente, molte di quelle battaglie ci appaiono non solo giuste, ma persino necessarie, così come alcune delle conquiste di quel movimento (sulla scuola, sul lavoro, sui diritti), che oggi sono parte dell’ordinamento italiano.
Ad una prima analisi, questa differenza ci rassicura: come può diventare moda e dunque esaurirsi un movimento di protesta che origina da fatti scientificamente chiarissimi e inequivocabili, destinati a farsi sentire in modo sempre più intenso e minaccioso per l’uomo fino a metterne a repentaglio la stessa sopravvivenza su questo Pianeta? Ma appena formuliamo questa domanda, ci rendiamo conto che la consolazione è solo apparente. E’ la drammaticità della situazione, e soltanto quella, che ci garantisce che le proteste non si esauriranno e che anzi sono destinate ad aumentare nel prossimo futuro. La profonda crisi che colpisce oggi il Pianeta, dagli esiti peraltro in parte imprevedibili, ci obbliga a non accontentarci di sapere che la sensibilità sui problemi climatici aumenterà con l’acuirsi della problematica e che i politici dovranno, prima o poi, agire; e questo per una ragione scontata, benché incredibilmente troppo spesso non compresa in tutte le sue conseguenze: il tempo per agire è quasi esaurito. Abbiamo una manciata di anni per invertire la rotta (l’orizzonte ottimistico è il 2030). Dopo quella data, non avremo più alcun controllo su quello che potrebbe accadere e le conseguenze del riscaldamento globale per l’umanità potrebbero essere devastanti.
A partire da questa consapevolezza, riteniamo che sia necessaria una riflessione su come massimizzare i risultati dei movimenti di protesta e la loro capacità di incidere sullo scenario politico e sociale attuale, tenendo in conto la brevità dell’orizzonte temporale che abbiamo a disposizione. Ecco allora qualche considerazione che noi del Tavolo per il Clima di Luino ci sentiamo di portare nel dibattito, senza la pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno, ma piuttosto con lo spirito di chi condivide gli elementi positivi della propria esperienza affinché possano essere d’aiuto ad altri:
- Rifiutare la retorica dello scontro generazionale, spesso purtroppo cavalcata anche dai media, secondo cui una gioventù innocente scenderebbe in piazza contro gli adulti menefreghisti e i loro stili di vita insostenibili. Questa narrazione idealizza i giovani e demonizza gli adulti e come tutte le idealizzazioni è falsa: in Italia i giovani sensibili al problema del cambiamento climatico e in grado di agire di conseguenza sono una minoranza e ci sono moltissimi adulti preoccupati per il futuro dei loro figli o nipoti e più consapevoli e attivi di molti giovani. Occorre soprattutto chiedersi: di chi fa il gioco questa narrazione? Della causa climatica o di chi vorrebbe bollarla come radicalismo giovanile, roba da “ecologisti estremisti”, da mettere a tacere affinché i veri “esperti”, diventati tali dopo anni di esperienza e dunque molto più anziani, possano affrontare il problema con i soliti strumenti del compromesso e della mediazione al ribasso?
- Rifiutare la seduzione della generalizzazione contro la politica. I politici non sono tutti uguali, ma occorre intelligenza per distinguerne le idee e valutarne la credibilità e occorre coraggio per prendere posizione. Non è più il momento di stare a guardare e nemmeno di esprimere sommari giudizi negativi. Criticare tutti equivale a non criticare nessuno.
- Agire dal basso, organizzandosi in tutta Italia in gruppi di lavoro in grado di dialogare con le amministrazioni locali a tutti i livelli, dal livello comunale al livello nazionale. La nostra esperienza, unita all’esperienza degli altri Tavoli per il Clima nati nel nostro territorio (Besozzo, Laveno, Ispra, Travedona-Monate) dimostra che si può fare, che le amministrazioni disposte a dialogare costruttivamente con i cittadini ci sono e che i risultati (vedi il Piano d’azione approvato il 2 agosto 2022 dalla giunta comunale di Luino) arrivano. E’ bene che i gruppi di lavoro siano intergenerazionali, perché la sensibilità al problema climatico non ha età e perché se è innegabile che l’energia, la creatività e l’intransigenza dei giovani sono insostituibili, altrettanto lo sono, se si vuole essere politicamente efficaci, la competenza e l’esperienza di chi da anni, nell’associazionismo, nel volontariato, nella politica, lavora a stretto contatto con la pubblica amministrazione, ne conosce le regole e i meccanismi e ha una visione d’insieme maggiore. Tutto ciò non implica alcuna sorta di compromesso al ribasso con la politica o con i partiti: siamo pur sempre noi a scegliere con chi e in che forma impostare il dialogo e abbiamo tutti gli strumenti, anche mediatici, per criticare chi non ci ascolta.
In conclusione, riteniamo che la diffusione della protesta nelle piazze abbia il principale merito di contribuire a creare il clima culturale favorevole affinché diventi possibile intervenire politicamente in modo incisivo contro i cambiamenti climatici; allo stesso tempo crediamo che il nostro compito non si esaurisca nel preparare il terreno, ma che dobbiamo essere pronti a raccogliere i frutti, perché nessuno li raccoglierà per noi, o se lo farà, potrebbe farlo quando ormai sarà tardi. E’ il momento, per noi cittadini (di tutte le età), di andare oltre la protesta e con il nostro agire politico, auto-organizzato, democratico e dal basso, passare finalmente dalla consapevolezza all’azione.
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